[omissis] | davide tommaso ferrando
L’architettura è anche arte di amministrare gli ostacoli.
È fondamentale considerare che la percezione della realtà è legata alla posizione dei nostri occhi. I nostri occhi sono all’incirca a 1,65 metri da terra quando siamo in posizione eretta; quando camminiamo e ci muoviamo, quest’altezza determina conseguenze che devono essere valutate nella redazione del progetto. Se ci sediamo, cosa succede? I nostri occhi si abbassano e, con i nostri occhi, la linea d’orizzonte. La linea d’orizzonte ha una posizione relativa a quella dei nostri occhi. Se noi ci abbassiamo, o se c’innalziamo, l’orizzonte si abbassa o s’innalza con noi. È pertanto un elemento determinante nella presenza degli oggetti: al nostro muoverci può far sorgere una realtà davanti ai nostri occhi o, viceversa, farla tramontare. […]
È chiaro che il nostro scopo è far percepire la profondità di campo. Tale profondità può essere rafforzata dall’introduzione di oggetti intermedi, sorta di traguardi ottici, che ci consentono di scandagliare con lo sguardo lo spazio vuoto che, diversamente, apparirebbe compresso. […]
L’architettura è anche arte di amministrare gli ostacoli. […]
Nel 1819 Giacomo Leopardi compone l’idillio L’infinito. È per noi quasi un programma d’architettura. Il poeta è seduto sulla sommità di un colle, appena fuori Recanati. Per una particolare disposizione delle cose l’ultimo orizzonte è escluso dal suo sguardo per l’interposizione di un ostacolo modesto, una siepe. Questo impedimento, per una particolare disposizione dell’animo, produce un riflesso che muove sentimenti profondissimi: è l’estetica delle “menome cose”, in grado di provocare vaste e profonde risonanze. […]
[Nel 1938 si colloca] la costruzione di un edificio che celebra in maniera suprema l’ospite – e il protagonista – di questa lezione. È casa Malaparte a Capri. […] Scrivevo a riguardo sei anni fa, ritornando per la terza volta sull’argomento: «Casa Malaparte è una macchina suprema nella quale l’uso rigoroso della tecnica di controllo dell’orizzonte produce sensazioni e suscita emozioni. Il segreto è nella sella delle due gradinate contrapposte. E certamente gran torto si fa alla casa quando si parla della maggiore, quella vasta e strombata, sottacendo o non vedendo il ruolo che la minore, quella ripida e stretta, ha nel gioco delle relazioni. E il gioco è tra l’orizzonte ultimo, tenue linea azzurrognola che separa mare e cielo, e l’orizzonte prossimo, solida linea rossa di bordo del solarium. Allo scendere la stretta scala di casa, inizialmente in basso, lentamente sale fino al punto di collimazione tra i due orizzonti – la compatta mole rossa sospesa alla sottile linea azzurrognola – per poi emergere progressivamente sull’orizzonte marino fino al punto massimo di depressione della sella. E può avvenire che, nel momento della collimazione, la bianca vela impietrata del solarium si componga o si confonda con una vela immota all’orizzonte. (avvenenza di una tela di Carrà). Al fondo della sella il gioco cambia. La vasta gradinata strombata, muraglia erta e incombente, “dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”. La risalita è risalita da una condizione di profondità virtuale alla riconquista del perduto orizzonte marino».
FRANCESCO VENEZIA, Che cosa è l’architettura. Lezioni, conferenze, un intervento, Electa, Milano 2011, pp. 52-55.
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