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La scuola elementare di Tongjiang si trova nella provincial di Jianxi, nel sud-est della Cina. L’organizzazione umanitaria World Vision ci (Joshua Bolchover e John Lin) incaricò, attraverso la Facoltà di Architettura dell’Università di Hong Kong, di progettare un nuovo edificio scolastico, che non fosse più caro delle tipiche scuole cinesi – anonimi edifici di due piani dotati di balconi aperti, costruiti in calcestruzzo armato e tamponati in mattoni. Il nostro obiettivo era quello di operare all’interno di questi vincoli per realizzare un edificio capace di entrare in relazione con il contesto e di dare vita a esperienze spaziali uniche, sia per l’apprendimento sia per l’interazione sociale.
Il programma prevedeva di ampliare la capacità di una scuola esistente da 220 a 450 studenti, attraverso la realizzazione di un nuovo edificio di 11 aule, che avrebbe offerto un hub formativo a un network di villaggi rurali che in quel momento non avevano accesso ad alcun tipo di educazione. La scuola si trova in un villaggio abitato da circa 5000 contadini impegnati nella coltivazione di semi di fiori di loto e tabacco, il cui reddito medio annuale è di circa 1700 RMB (260 USD). Sebbene non siamo a conoscenza dei piani governativi per tale area, è possibile che il villaggio sia incluso nel più ampio progetto nazionale cinese di urbanizzazione di una serie di territori rurali, attraverso la realizzazione di infrastrutture e poli industriali, finalizzato ad alleviare il tasso di povertà contadina. Attorno al villaggio si trovano diversi indicatori di questo cambio in potenza: il regolamento edilizio obbliga ad arretrare i nuovi edifici rispetto al filo della strada; vecchie case sono progressivamente sostituite da edifici moderni in calcestruzzo; mucchi di vecchi mattoni e tegole giacciono abbandonati lungo il ciglio della strada.
Nostra intenzione era impiegare questi materiali di scarto nella costruzione del nuovo edificio scolastico, riutilizzandoli in maniera innovativa. Il tetto della scuola è costruito con mattoni di scarto riciclati e detriti, che inspessiscono la copertura aumentandone la massa termica per il raffrescamento estivo e il riscaldamento invernale. I detriti svolgono inoltre il ruolo di substrato naturale, adatto alla crescita spontanea di piante trasportate dal vento, muschio e licheni.
Il tetto gradonato si ricongiunge con il muro esterno che si fa progressivamente più aperto grazie alla modulazione dei vuoti e dei pieni nel pattern dei mattoni che lo compongono. Questa pelle esterna protegge le aule interne dall’eccessivo carico solare e permette la ventilazione naturale degli spazi dedicati all’insegnamento.
Il tetto e il muro formano la densa barriera che costituisce la facciata su strada dell’edificio, mentre la facciata sul cortile interno, più protetta, può aprirsi maggiormente grazie all’uso di setti di calcestruzzo e infissi verticali. Le dimensioni dei setti variano a seconda della loro funzione: bande sottili per la protezione solare, sezioni a “C” più larghe per contenere gli scaffali all’interno delle aule.
Concetto chiave è stata la possibilità di aprire la scuola all’uso e alla partecipazione della comunità. La topografia naturale del sito è stata manipolata al fine di creare una serie di gradoni esterni che attraversassero l’edificio dall’ingresso principale al cortile retrostante, generando così una sala per riunioni collettive aperta ma protetta, direttamente accessibile dalla strada. La sala assemblee al piano terra, vantaggiosamente prodotta dal cambio di livello, funziona anche come spazio comunitario per l’insegnamento o come biblioteca.
Grazie all’enfasi posta sul potenziale dei materiali di scarto, al ricorso a strategie ambientali elementari e alla creazione di una varietà di spazi per l’insegnamento, sia interni sia esterni, il nuovo edificio scolastico si presenta come sufficientemente robusto e adattabile per resistere alle potenziali trasformazioni del contesto che lo ospita.
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