[omissis] | davide tommaso ferrando michele deregibus
L’ordine deve esistere prima di essere infranto.
Non vi sono leggi prefissate in architettura, ma non per questo in un edificio od in una città qualsiasi elemento funziona. L’architetto deve operare delle scelte, e tali sottili valutazioni sono uno dei suoi compiti principali: determinare cosa va fatto per realizzare un insieme funzionante, quali compromessi accettare, quali elementi introdurre, dove e come. All’interno dell’ordine non ignorerà ne escluderà le contraddizioni implicite nel programma e nella struttura. […]
Mies fa riferimento ad una necessità di «creare ordine nella disperata confusione del nostro tempo». Ma Kahn ha detto: «per ordine non intendo regolarità». Non dovremmo noi denunciare la confusione? Non dovremmo ricercare significati nella complessità e nelle contraddizioni del nostro tempo, riconoscendo le limitazioni dei sistemi? […] Quando le circostanze resistono all’ordine, questo si deve piegare o spezzare: l’architettura acquista valore da anomalie ed incertezze.
Il significato può essere esaltato dalla rottura dell’ordine: l’eccezione conferma la regola. Un edificio, in cui nessuna parte sia «imperfetta», può non avere alcuna parte perfetta, in quanto il significato si fonda sui contrasti: un’opportuna incoerenza dà vitalità all’architettura. Si può permettere a fattori contingenti di esser presenti ovunque, ma non di prevalere: se l’ordine privo di finalità porta al formalismo, la finalità senz’ordine, naturalmente, significa caos. L’ordine deve esistere prima di essere infranto; nessun artista può sminuire il ruolo dell’ordine come strumento di lettura di un insieme, pertinente alle sue caratteristiche ed al suo contesto. «Non vi è operazione artistica senza sistema» era un aforisma di Le Corbusier
ROBERT VENTURI, Complessità e contraddizini nell’architettura, Dedalo, Bari 2005, p. 52.
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Ordine favorisce le congiunzioni. Bellezza verrà.
Progetto è dare forma nell’ordineLOUIS I. KAHN, Ordine è, in MARIA BONAITI (a cura di), Architettura è. Louis I. Kahn, gli scritti, Electa, Milano 2005, pp. 65-66.
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