Verso la sostenibilità: Europan 11 è sempre più «eco»

massa critica | davide tommaso ferrando

© Adéle Catherine, Laura Giuliani, Emmanuelle Klinger, Pierre-Emmanuel Limondin

Densificare il tessuto della città storica rispettandone il valore architettonico e paesaggistico; indagare le nuove forme dello spazio pubblico contemporaneo; elaborare strategie di trasformazione economicamente sostenibili; progettare insediamenti urbani ecologicamente efficienti: queste le principali sfide lanciate dai 49 bandi dell’undicesima edizione di Europan, programma biennale di concorsi d’idee aperti agli architetti under 40, diplomati o abilitati in un paese europeo, che in questi ultimi otto anni ha invitato i giovani progettisti del nostro continente a produrre riflessioni concrete sul triplice leitmotiv «urbanità europea, città sostenibile e nuovi spazi pubblici». In evidente risonanza con gli esiti del Copenhagen Climate Change Summit del 2009, Europan 11 (che ha raccolto più di 1.800 proposte progettuali, ricompensando 95 di esse con primi e secondi premi da 12.000 e 6.000 euro, e riconoscendo ad altre 54 la menzione d’onore) ha conferito grande importanza alle tematiche legate all’ampio quanto sfuggente concetto di «sostenibilità», riconoscendo nella limitazione dell’emissione dei gas serra, nel controllo del consumo di risorse materiali, nella diminuzione dell’inquinamento e nel raggiungimento da parte degli abitanti di un parziale stato di autonomia alimentare ed energetica, nuovi fattori strategici per lo sviluppo della città europea del XXI secolo.

L’impostazione metodologica marcatamente multidisciplinare e la complessità delle richieste avanzate dai bandi, che hanno interessato aree urbane, «rurbane» e rurali dislocate in 17 paesi europei (assenti da questa edizione l’Italia e la Gran Bretagna che non hanno candidato alcun sito), hanno però causato non poche difficoltà agli studenti e architetti partecipanti, spesso incapaci di proporre soluzioni coerenti e allo stesso tempo innovative alle problematiche sollevate dai siti selezionati. Non per questo sono comunque mancate all’appello proposte in grado di affrontare in maniera creativamente realista il difficile compito di prefigurare ambienti antropizzati che siano economicamente, energeticamente e socialmente sostenibili: pochi progetti, dunque, nella cui struttura è però possibile cogliere una serie di principi e linee guida utili a definire una coscienza condivisa sulle caratteristiche, possibilità e responsabilità attualmente intrinseche al campo della progettazione urbana.

© Pol Viladoms Claverol, Arnau Sastre Cuadri, Cecilia RodrÍuez Vielba

Risulta in primo luogo evidente come la scala degli interventi raccolti da Europan imponga l’adozione di un approccio progettuale che non sia né architettonico, né tanto meno urbanistico, ma che discenda invece da un terzo campo disciplinare, quel town-design già definito da Manfredo Tafuri nel 1969, il cui compito è quello di «montare cinematograficamente» pre-figurazioni tipologiche e volumetriche di massima per produrre, in maniera non vincolante, pre-visioni paesaggistiche dense di contenuti urbanistici, architettonici e sociali. In quest’ottica, è interessante notare come l’immagine tridimensionale stia assumendo un ruolo sempre più importante all’interno della progettazione urbana: lungi dal costituire sterili giustificanti di discutibili processi insediativi, i render si pongono ora come strumento critico e sintetico dell’intero iter progettuale, come nel caso delle proposte vincitrici nei siti spagnoli di Alcalá de la Selva e San Bartolomé, in cui alla ricerca di parametri di sviluppo urbano sensati e flessibili gli architetti accompagnano una grande capacità di reinterpretare tipologicamente, economicamente ed esteticamente il paesaggio «rurbano» esistente, senza entrare in competizione con esso.

© Thomas Bernhardt, Gilles-Benoit Trevetin, Andreas Baumer

Un secondo tema importante riguarda la sempre maggior rilevanza assunta dagli interventi di «agopuntura urbana»: operazioni puntuali di ricodificazione del tessuto storico e/o industriale della città, ottenuta mediante la costruzione interstiziale e il riuso di strutture abbandonate. La palese insostenibilità del sistema di espansione orizzontale della metropoli del XX secolo, la progressiva saturazione edilizia dei brownfields compresi tra centro e periferie, insieme con le ristrettezze causate dall’attuale situazione economica, hanno infatti portato al recente ripiegamento di una importante parte dell’iniziativa immobiliare verso l’interno degli organismi urbani, generando una forte domanda di soluzioni tipologiche inedite, tanto dal punto di vista delle strutture abitative, quanto da quello degli spazi pubblici. I progetti vincitori a Deventer (Paesi Bassi), e a Selb (Germania), operano in questo senso un minuzioso «taglia e cuci» di piccoli interventi che, pur inserendosi rispettosamente nel tessuto urbano esistente, non esitano a reinterpretarne forme e funzioni, come nel caso del progetto olandese, in cui un silos in disuso è trasformato in ristorante panoramico, con tanto di centro per la coltivazione verticale intensiva.

© Tadas Jonauskis, Justina Muliuolyte, Lukas Rekevičius

Un terzo tema, cruciale in questa edizione seppur non sempre risolto adeguatamente, è quello dell’espressione innovativa di un approccio sostenibile alla progettazione architettonica e urbana. A una scala più ampia, è opportuno notare come le soluzioni ecologicamente più attente tendano a riproporre modelli di organizzazione spaziale direttamente desunti dalla storia dell’urbanistica occidentale (la strada e la piazza come principali elementi di costruzione della forma urbis) seppur declinandoli in versione contemporanea, come nel caso del progetto vincitore a Reims (Francia), in cui le cinque piazze che compongono una vera e propria sequenza urbana «classica» si fanno in realtà, per mezzo dell’inserimento di funzioni innovative e della loro sovrapposizione a un network di produzione, gestione e recupero di energia, espressione di una società ecologicamente consapevole, simbolicamente rappresentata da una «torre solare», nuova versione «sostenibile» del campanile medievale. Dal punto di vista dell’architettura, invece, tanto le soluzioni «radicali», come quella vincitrice a Stains (sempre in Francia), in cui il ricorso massivo a camini solari, serre, sistemi di prefabbricazione e di produzione agricola dà vita a un nuovo «paesaggio urbano sostenibile», quanto quelle più «realiste», come quella del vincitore a Turku (Finlandia), in cui l’idea di sostenibilità è applicata per mezzo d’interventi a basso costo e buon senso (come la semplificazione dei volumi con conseguente minimizzazione delle superfici esposte, l’installazione di pannelli solari, l’uso del legno e la progettazione di «stanze climatiche» che riducono la dispersione termica), indicano la fattibilità di una versione ecologicamente più efficiente dell’abitare.

© Tamás Kun, Gergely Almos, Tamas Mezey

Infine, pur senza esimersi da quello che, nei ventidue anni dell’esistenza di Europan, si è confermato essere il «marchio di fabbrica» del concorso (la sperimentazione tipologica finalizzata alla produzione di variegati cataloghi di unità abitative), non si può non notare come le più convincenti soluzioni proposte in questa edizione dimostrino una comune tendenza verso un razionale controllo delle configurazioni architettoniche e aggregative, risultante in misurate geometrie che si inseriscono per consapevole contrasto nel frammentato tessuto metropolitano, proponendone di fatto un riordino, senza per questo negarne la complessità spaziale e paesaggistica. Il ricorso a pochi e semplici strumenti capaci di generare atmosfere evocative, come nel caso del progetto vincitore a Szeged (Ungheria), in cui volumi architettonici elementari e filari d’alberi regolarmente ordinati sono in grado di generare un’interessante sequenza di spazi urbani, si pone in significativa dissonanza con le perduranti tendenze di certa architettura internazionale, che nel gesto economicamente «rumoroso» cerca ancora una difficile giustificazione a operazioni in evidente ritardo coi tempi. È dunque anche nella veste di sismografo della contemporaneità che Europan può essere osservato: a dimostrazione di come, a volte, è dai più giovani che si deve imparare.

Davide Tommaso Ferrando

Approfondimenti

Related Posts

Facebooktwittergoogle_pluspinteresttumblr


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

italian-theories

Related Posts

Facebooktwittergoogle_pluspinteresttumblr