Il progetto riguarda il recupero di una antica dimora nobiliare e di edifici miniori a questa legati, oltre a nuove addizioni, funzionali alle destinazioni previste: centro congressi, albergo, spa. L’intervento parte da una lettura attenta dei tipi edilizi e costruttivi esistenti: due ‘palazzi’ antichi in muratura portante – a vista nel più antico, singolare per la ‘doppia facciata’ dalle grandi arcate a doppia altezza – e poi due corpi in linea, uno ‘civile’ fatto di casette ed uno ‘rustico’, fatto di tettoie con arcate in mattoni e tetto in coppi su struttura in legno.
Questa lettura tipologica ragionata, attenta alle possibili vocazioni degli spazi esistenti, parallela ad una lettura ragionata delle funzioni e delle loro esigenze spaziali, ha permesso di arrivare per tentativi ad accoppiamenti tra spazi e funzioni, con un minimo di demolizioni, di nuove costruzioni, ed insieme con un minimo sovvertimento dell’immagine di partenza, della sua qualità evidente, quasi a voler raccogliere l’invito di Heidegger a ‘risparmiare’ l’esistente (nel saggio Costruire, abitare, pensare).
Come nel caso della torre piezometrica di fianco alla villa, che disturbava la composizione per la sua diversità: è invece diventata il perno, il centro, una specie di mandala, che attira lo sguardo in modo irresistibile con curiosi effetti visivi: la ‘casa nera’ è contemporaneamente un buco nella vista delle due corti contigue, che rafforza il disegno, ed una ‘macchina’ che evoca immagini – dalla Kaaba al grande quadrato nero suprematista di Malevic – una presenza enigmatica che interroga il passante.
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