Recensione di Giovanni Corbellini
Una quarantina di anni fa, alcune regioni vicine al nostro confine orientale formarono la “comunità di lavoro” sovranazionale Alpe-Adria, oggi estesa dalla Lombardia alla Baviera, fino all’Ungheria: denominazione insolitamente paesaggistica per un organismo economico-politico. La sua efficacia nel cogliere sinteticamente il carattere di una realtà territoriale variegata ha fatto sì che essa ne identificasse soprattutto il “centro”, dove tutte queste situazioni periferiche si incontrano e sovrappongono. L’area comprendente il Friuli e parti limitrofe di Austria, Slovenia e Croazia, solcata da frontiere mobili e spesso non coincidenti nel dividere popoli, lingue, culture, ideologie e mercati, ha dato luogo nel tempo a una peculiare interazione tra caratteristiche territoriali e i processi della loro trasformazione, qui drammaticamente segnati da una lunga storia di conflitti e invasioni culminata nelle guerre calde e fredde del secolo breve.
I molteplici paesaggi determinati da condizioni così particolari, ulteriormente intensificate dalla modernizzazione, sono protagonisti di questa raccolta di scritti prodotti da Pietro Valle in venticinque anni e quasi tutti inediti. Il lungo tempo che separa molti di essi dalla pubblicazione e lo stile schietto e diretto fanno pensare ad appunti presi con l’esigenza personale di fissare idee ed impressioni. Questa forma privata di scrittura come elaborazione del pensiero mantiene una notevole freschezza (il libro si legge d’un fiato) e si rivela particolarmente adatta a descrivere le situazioni di cui si occupa. Da un lato esemplifica l’attitudine locale a una certa praticità, a evitare inutili fronzoli e andare direttamente al cuore delle questioni. Dall’altro restituisce nell’accumulo e giustapposizione di eventi, spazi e tempi un territorio altrettanto frammentato e contraddittorio. Le dicotomie attorno alle quali si organizzano i capitoli che raccolgono i diversi scritti (mare/confine, città/altrove, guerre/utopie, montagna/acqua, territorio/tradizione) riescono abilmente a mantenere questo carattere multiforme, dando al volume una consistente struttura narrativa.
Alla complessità delle situazioni che descrive, l’autore sovrappone uno sguardo ulteriormente stratificato. Architetto operante, formatosi a Venezia e negli Stati Uniti, dove ha lavorato presso studi prestigiosi, docente di progettazione in diverse scuole internazionali, attivo commentatore del dibattito disciplinare e vicino al mondo dell’arte contemporanea, Valle affianca alcune letture operative, in cui si toccano ragioni e meccanismi di formazione dei paesaggi in questione, a netti giudizi etico-estetici sugli esiti raggiunti e sulla distanza che li separa dalle intenzioni. Uno sguardo critico, teso a rivelare le insensatezze dello sviluppo friulano; da progettista, in cui l’analisi del reale alimenta l’insoddisfazione per le occasioni mancate; e dotato soprattutto del distacco del paesaggista, in grado cioè di effettuare quello scarto laterale che rende inediti i luoghi più conosciuti. È quesa attitudine a oscillare tra la comprensione di nessi causali e dispositivi funzionali e l’astrazione dagli stessi a costituire il tratto caratteristico del volume, percorso da un continuo confronto tra ciò che abbiamo realizzato e quanto abbiamo perduto. Valle alterna inoltre i diversi “occhiali” critici indipendentemente dalle specificità dei materiali che osserva: la Ghiaia che occupa le sezioni chilometriche dei fiumi friulani e le Morene del territorio collinare tra montagne e pianura sono lette come natura e architettura; i piccoli fienili dell’Insediamento alpino nei prati attorno a Spittal o i silos delle Segherie nel distretto della sedia diventano fantasmatiche opere di land art; l’evaporazione del Confine sul Carso e la secolarizzazione degli spazi dei numerosi Culti professati a Trieste sono colte nelle incerte transizioni verso destini che sembrano comunque inscritti nelle loro caratteristiche basilari… Anche per questo reiterato esercizio di parallasse, le riflessioni si svolgono spesso in modo interrogativo, sovrapponendo possibili interpretazioni. Tanto che le belle foto scattate da Pietro Valle in una “ricognizione tardiva” dei luoghi descritti anni prima funzionano quasi da didascalie, sintetizzando nell’immagine le questioni e le ambiguità sollevate dalla scrittura.
Ne emerge una regione in controluce, esplosa in mille schegge paradossali, spesso sorprendenti anche per chi quei luoghi li abita e frequenta. Un’Alpe Adria privata del trattino di unione: sarà quello il “senza” che completa enigmaticamente il titolo?
Indice
9. Introduzione. mare/confine. 15. Pietre nel mare 21. Muri a secco. 25. Dopo l’abbandono. 29. Grattacieli socialisti. 33. Città di carbone. 37. Confine. città/altrove. 45. Interstizi. 49. Appartamenti dell’Ottocento. 55. Culti. 61. Discesa. 65. Risiera. 71. Case del Governo militare alleato. guerre/utopie. 77. Palmanova. 83. Villa Manin. 87. Redipuglia. 101. Il villaggio dei cantieri navali. 107. Distanze. 113. L’ospedale partigiano. 119. Caserme. 125. Ipotesi su Gorizia. 131. Stazione balneare. montagna/acqua. 139. Insediamento alpino. 143. Contenimenti. 149. Elevata. 153. Ghiaia. 157. Montagna staccata. 161. Pioggia. 165. Morene. territorio/tradizione. 173. Condomini. 179. Villette. 185. Strip commerciale. 189. Zona industriale / Zona artigianale. 197. Segherie. 201. Doppia ricostruzione. 207. Città giardino. 210. Ringraziamenti. 211. Indice geografico.
Info
titolo > Alpe Adria Senza. Paesaggi contemporanei a Nord Est
autore > Pietro Valle
casa editrice > Maqom hazè
pagine > 212
anno > 2014
prezzo > € 20,00
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