Molti aspetti della società contemporanea sembrano mettere in discussione la concezione del tempo e il rapporto tra tempo e spazio, che la cultura occidentale aveva progressivamente consolidato. La combinazione tra la globalizzazione delle culture, la possibilità di trasferire dati ed informazioni in tempo reale a prescindere dalla distanza, l’accessibilità ad un patrimonio sempre più vasto di contenuti che ormai sono fruibili in maniera autonoma rispetto al tempo e lo spazio in cui sono stati concepiti e realizzati, tutto ciò porta a una progressiva perdita di un’identità del presente, del passato e del futuro. Nella società moderna il presente era vissuto collettivamente, il passato era definito in modo preciso attraverso la narrazione storica e il futuro ipotizzabile, nella post-modernità il passato può continuare ad essere vissuto, il presente acquisisce una dimensione individuale (ognuno può costruirsi il proprio presente), il futuro smette di essere obiettivo verso cui dirigere il progresso. Il passato non è più passato e il futuro non esiste.
Queste trasformazioni nel modo di percepire lo spazio-tempo hanno ripercussioni evidenti anche nella concezione dell’architettura e suggeriscono la necessità di una riflessione ad ampio raggio.
La costruzione di spazi abitabili costituisce da sempre uno sforzo rilevante per l’essere umano, che trova giustificazione in una dimensione temporale più ampia del soddisfacimento immediato dei bisogni e delle necessità: l’entità delle risorse intellettuali e fisiche in gioco porta a pensare a qualcosa che duri nel tempo, addirittura fino a trascendere la vita di un singolo essere umano. Di conseguenza una delle motivazioni del costruire è costituita dalla possibilità di raggiungere una sorta di immortalità attraverso la permanenza delle architetture nel corso delle generazioni. I costruttori – intesi come i singoli individui ma anche come le società nel loro complesso – attraverso gli edifici possono trasmettere a chi verrà dopo (anche molto dopo), il proprio nome, un’immagine duratura della propria grandezza, ricchezza, potenza, ma anche in senso più generale (e talvolta involontariamente) i propri valori estetici, etici, politici, religiosi. La permanenza temporale dell’architettura obbliga a confrontarsi con la naturale decadenza della materia impiegata, con il variare dei possibili usi o necessità connessi ai cambiamenti della società, con le oscillazioni del gusto, con le conseguenti trasformazioni del significato simbolico che gli edifici possono assumere, con i tempi della natura (sia con la crescita delle specie vegetali, sia con i cicli climatici in cambiamento, con le trasformazioni idrogeologiche, con la mutazione dei fenomeni meteorologici).
L’architettura ha individuato nel corso del tempo una serie di soluzioni progettuali volte a protrarre nel tempo la propria esistenza, come l’utilizzo di materiali e soluzioni tecnologiche durevoli, il riferimento ad un linguaggio ritenuto universale, la previsione di un certo grado di flessibilità nell’uso e nella trasformazione degli spazi, delle forme e dell’immagine fino alla concezione di edifici – o parti di essi – usa e getta. Attualmente la coscienza della finitezza delle risorse non rinnovabili (di cui fanno parte non solo i materiali e le fonti energetiche, ma anche il suolo) spinge a percorrere con sempre maggiore attenzione soluzioni improntate alla smontabilità, riciclabilità, reversibilità degli interventi considerando gli impatti sull’ambiente anche a lungo termine, mentre il carattere mutevole e l’intrinseca complessità della società contemporanea impone scelte progettuali che ne tengano conto.
Le questioni sin qui esplicitate possono essere viste sia dal punto di vista di chi progetta un nuovo intervento, sia di chi si trova ad intervenire su un patrimonio architettonico ereditato dal passato. Inoltre esse hanno ripercussioni anche sul ruolo dei committenti, degli utenti e di chi governa il territorio.
L’architettura si confronta con il tempo non solo inteso come durata ma anche come categoria secondo la quale il soggetto percepisce sé e il mondo. Se nella cultura occidentale appare ancora diffusa un’immagine del tempo lineare e ordinata, nella quale i fenomeni si susseguono come causa ed effetto l’uno dell’altro, in altri ambiti culturali si sono sviluppate altre concezioni: ciclica, immanente, predestinata, relativa. Anche l’indagine sul funzionamento della realtà sviluppata dalla fisica contemporanea fin dall’inizio del secolo scorso, in particolare con la teoria della relatività e la quantistica, ha cominciato ad avere ripercussioni concrete nella cultura, nella consapevolezza di sé e nel modo di condurre la propria esistenza. Vedere il tempo in modo diverso produce anche un modo diverso di costruirne una narrazione: cioè cambia le modalità scriverne una storia, fino a metterne in discussione la possibilità o la necessità.
Da ciò nascono modi diversi di vedere l’atto del costruire e di pensare al costruito; nel considerare eventi e soggetti architettonici, i valori di novità, di originalità, di autorialità, di creatività, di copia, di evoluzione, di rivoluzione assumono identità e ruoli diversi in ciascun sistema culturale, con evidenti influenze sulla pratica del progetto, della conservazione e del restauro.
I temi brevemente delineati si intrecciano in un tessuto complesso di relazioni: per esempio un diverso modo di intendere il tempo e la storia può produrre un atteggiamento differente nei confronti della decadenza della materia, delle variazioni del gusto o delle trasformazioni nell’uso degli edifici. O ancora, la consistenza materiale dell’architettura, le modalità di costruzione e la tecnologia possono condizionare la percezione dell’architettura stessa all’interno del tempo.
Istruzioni per la presentazione dei contributi
Si invita a partecipare al call for papers con contributi inediti che riflettano sui temi sopraccennati o altri che se ne possono dedurre, offrendo visioni originali sul rapporto tra architettura e tempo.
I paper verranno valutati e selezionati dal Comitato Scientifico della collana Percorsi di Architettura sulla base di un abstract di 5.000 battute. Gli abstract (formato cognome_titolo.doc) dovranno essere inviati alla casella di posta collettivo.icar65@gmail.com entro il 5 marzo 2017.
Il paper definitivo, la cui lunghezza dovrà essere compresa tra le 20.000 e le 30.000 battute, sarà sottoposto a una double-blind peer review da parte di referee esterni al collettivo e alla valutazione editoriale da parte del Comitato Scientifico della collana. Il paper definitivo non conterrà illustrazioni a corredo.
La raccolta di saggi verrà pubblicata nell’ambito della collana Percorsi di Architettura di Genova University Press, l’editore dell’Ateneo genovese.
Calendario
– 5 marzo 2017 scadenza consegna abstract
– 10 aprile 2017 comunicazione paper selezionati
– aprile/maggio 2017 eventuale tavola rotonda fra gli autori degli abstract selezionati (da confermare)
– 9 luglio 2017 scadenza consegna full paper
– 10 settembre 2017 comunicazione risultato double-blind peer review e accettazione finale del paper da parte del Comitato Scientifico.
ICAR65
c/o DAD Dipartimento Architettura e Design
Stradone S. Agostino, 37
16123 Genova (GE)
collettivo.icar65@gmail.com
I membri fondatori di ICAR65 sono alcuni dottori di ricerca in architettura e collaboratori dell’Università degli Studi di Genova, Dipartimento Architettura e Design: Maria Canepa, Giacomo Cassinelli, Valeria Iberto, Antonio Lavarello, Katia Perini, Chiara Piccardo, Gian Luca Porcile, Paola Sabbion, Davide Servente. L’oggetto di studio di ICAR65 è l’architettura in tutti i suoi aspetti e nelle sue relazioni con altre discipline. ICAR65 ha curato i volume Architettura & Energia (2014) e Architettura & Ordinarietà (2015), editi da GUP – Genova University Press.
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