[omissis] | davide tommaso ferrando
La tecnica si sviluppa grazie alla costante dialettica tra il modo corretto di fare una cosa e la disponibilità a sperimentare l’errore.
Lo storico della tecnologia Henry Petroski sottolinea […] l’importanza del fallimento salutare nella metamorfosi interna della forma-tipo. Quando un oggetto semplice, come un vaso, si crepa, oppure un oggetto complesso, come un ponte, ondeggia, la prima cosa che l’analista va a controllare sono i particolari dell’oggetto stesso, le sue parti minime. Queste richiamano immediatamente a gran voce l’attenzione e di conseguenza può allora succedere che certi elementi della forma-tipo vengano modificati e perfezionati. Tale approccio minimalista sembra essere il modo più sensato di gestire il fallimento o la sequenza prova-ed-errore ed è indice, secondo Petroski, di una sana coscienza delle cose. Non si impara granché facendosi venire una crisi isterica, immaginandosi, cioè, che l’intero progetto sia sbagliato solo perché una parte di esso non funziona. (Un esempio di isterismo in questo senso è stata la reazione del pubblico britannico di fronte a un problema del Millenium Bridge, il ponte pedonale sul Tamigi progettato da Over Arup e dallo studio Foster and Partners. Appena aperto, il ponte presentò impreviste oscillazioni e la gente pensò che sarebbe crollato, il che era impossibile; bastarono piccole modifiche ai meccanismi di ammortizzamento per risolvere il problema). […]
Si tende a credere che il fallimento richieda una riconfigurazione organica, in quanto ogni minimo cambiamento modifica la relazione reciproca di tutte le parti; ma non è detto che le difficoltà tecnologiche si comportino allo stesso modo: non c’è bisogno di modificare l’intera forma-tipo. Anzi, i successivi perfezionamenti di singole parti della sottospecie possono rendere via via più efficiente il tipo generale. […]
La tecnica […] si sviluppa grazie alla costante dialettica tra il modo corretto di fare una cosa e la disponibilità a sperimentare l’errore. I due aspetti non possono essere scissi. Se al giovane musicista viene semplicemente servito bello e pronto il modo corretto di suonare, gli verrà un falso senso di sicurezza. Reciprocamente, se il musicista in erba si limita a crogiolarsi nella curiosità, abbandonandosi ai moti dell’oggetto transizionale, non migliorerà mai.
La dialettica tra correttezza ed errore mette in discussione uno dei più diffusi miti del lavoro tecnico, quello della superiorità dei procedimenti o degli strumenti ad hoc, mirati a uno scopo specifico. […] Dovremmo rovesciare il ragionamento e considerare le tecniche ad hoc un punto di arrivo, anziché di partenza. Per arrivare al fine prefissato, il processo lavorativo deve fare qualcosa che alla mente ben ordinata ripugna, e cioè sostare temporaneamente nel disordine: mosse false, false partenze, vicoli ciechi. Anzi, nella tecnica come nell’arte, l’artigiano che esplora non si limita a imbattersi nel disordine; lo crea volontariamente perché lo considera un mezzo per comprendere i procedimenti del suo lavoro. […]
RICHARD SENNETT, L’uomo artigiano, Feltrinelli, Milano 2010, pp. 125-26, 17-58.
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