Centro de interpretacion de los rios

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© Ignacio Bisbal

Il progetto si sviluppa su tre livelli: in relazione al luogo, in risposta al programma e sviluppando della percezione dello spazio. Questi livelli si mescolano, dialogano e laddove si incrociano fanno sorgere il progetto.

© José Juan Barba

1. Per quanto riguarda la relazione con il contesto, il progetto si pone nell’ottica del minor impatto possibile sulla natura circostante, intervenendo in un ambiente semi-naturale per mezzo di criteri di sostenibilità passiva (attitudine che consideriamo la più efficiente e attiva rispetto all’intorno), con un programma culturale e utilizzando materiali che, per il proprio processo di invecchiamento,  possono dialogare con i cambi tonali, cromatici e luminosi del luogo. Tutto questo, senza rinunciare alla realizzazione di un’opera astratta (non mimetica rispetto al contesto) che richiede un intervento umano, un’opera “violenta” nel senso espresso da Ignasi de Sola Morales: ” l’architettura è un atto di violenza, perché trasforma la natura dei materiali che usa e il luogo in cui si situa” – li trasforma, li modella e dunque violenta lo spazio attraverso la creazione di qualcosa che prima non esisteva. Una violenza da intendersi come il cambio che si produce negli esseri viventi quando crescono, si muovono e vivono.

© José Juan Barba

2. Dal punto di vista del programma, il progetto è definito dal raggruppamento di cinque moduli attorno a un patio su due livelli. Il complesso, presentato come un unico elemento architettonico, sviluppa le sue cinque aree tematiche come in un singolo ambiente, i cui percorsi abbracciano il doppio cortile.

© José Juan Barba

La condizione di inondabilità delterreno, situato in una valle fluviale, definisce la soluzione progettuale fin dall’inizio. L’edificio, infatti, si eleva rispetto al suolo grazie a un sistema di pilotis. L’accesso al museo è ottenuto per mezzo di una rampa: sistema di penetrazione e, allo stesso tempo, elemento elevato che permette l’osservazione del terreno circostante.

© Ignacio Bisbal

3. In un testo redatto per l’Architectural Association nel 1997, Robin Evans scrive di una persona cieca dalla nascita che, quando vide per la prima volta, smise di concepire la successione spaziale come una condizione legata a una continuità orizzontale, nel senso dell’estensione di una successione di eventi che si verificano lungo l’orizzontale del movimento. Quando questa persona vide per la prima volta, rimase colpita dal fatto che lo spazio si sviluppasse in verticale, vertiginosamente, ben al di là delle sue capacità. In questo progetto, la creazione dei luoghi parte da una comprensione completa dello spazio, e dall’influenza che le sue diverse fughe esercitano su di noi. La componente verticale dello spazio interno è riflessa dalle cupole e dalla sua fuga attraverso i lucernari. Quando ci troviamo nel patio interno, la componente verticale è intensificata per contrasto, grazie all’assenza di un tetto e all’incorporeità delle pareti laterali. Sebbene il materiale utilizzato non limiti le visuali laterali, i giochi di riflessioni delle due pareti riescono a ottenere questo effetto, creando un paesaggio nuovo o estendendo il paesaggio circostante all’interno del progetto.

© Ignacio Bisbal

Gli incroci generano intersezioni che vengono lette dai visitatori per mezzo dei percorsi. Tutti i percorsi ruotano attorno al doppio patio la cui artificialità è rappresentata per mezzo di un giardino giapponese collocato al livello del pavimento del resto del Centro. Il giardino sottolinea la sua esistenza artificiale per mezzo della sua separazione dal terreno, e rimanda alla natura grazie alla prezenza di un secondo giardino fluviale, che cresce a diretto contatto con la terra.

© Ignacio Bisbal

La visita del Centro comincia in una sala proiezioni nella quale i visitatori ricevono le prime informazioni. Il percorso di visita può essere doppio o infinito, a seconda dell’interesse o dei bisogni di visitatori e organizzatori, dato che non ci sono separazioni tra i differenti spazi in cui il Centro si organizza.

© Ignacio Bisbal

L’edificio si avvolge su se stesso in modo da creare un’idea astratta del proprio intorno. L’intero progetto ha l’obiettivo di rendere costantemente evidenti i punti più simbolici del programma assegnato.

© Ignacio Bisbal

L’uscita dal percorso di visita avviene per mezzo di un corridoio a cielo aperto contenuto da pareti di vetro, unico momento in cui si perde la vista diretta del doppio patio, sebbene la sua presenza sia ancora percepibile. La doppia parete vetrata e l’assenza di copertura danno al visitatore l’impressione di trovarsi nel letto di un fume.

© Ignacio Bisbal

L’uscita, similmente all’arrivo, è caratterizzata da una passerella che scavalca un piccolo giardino di piante autoctone.

Gallery

Credits

  • progetto > José Juan Barba
  • collaboratori > Concha Llorden (architetto), Andrés Ferrero, Alex Puigborn, Pablo Cruz (infografica), Juan Carlos Yusto (modello), Menelaos Yorgos, Ramón Barreiro (strutture), Miguel A.Vecino, Daniel Juan (impianti) Rosa Pérez Fdez. (ingegneria)
  • localizzazione >Interreg. Órbigo, Tera, Esla (Spagna)
  • programma > edificio culturale
  • materiali > calcestruzzo armato, vetro
  • superficie > 900 mq
  • costo > 1.225.000 euro
  • cronologia > 2004 – 2008
  • crediti fotografici > Ignacio Bisbal

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