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Il processo di migrazione contadina di massa, verificatosi in Cina negli ultimi 30 anni, non solo ha reso possibile la grande crescita dei nuclei urbani, ma ha avuto un effetto altrettanto problematico sui territori rurali abbandonati. La campagna cinese sta oggi vivendo una fase di drammatici cambiamenti economici, sociali e fisici allo stesso tempo, destinati ad accellerare in vista dell’urbanizzazione di metà della rimanente popolazione rurale (700.000.000 di abitanti) prevista nei prossimi 30 anni. Questi processi si stanno accompagnando alla trasformazione dell’architettura vernacolare cinese: un passaggio senza appello, da un tipo di architettura attenta alle specificità regionali a un’edilizia generica realizzata in calcestruzzo e laterizio. In questo quadro di cambiamenti potenzialmente radicali del paesaggio sociale e costruito, la figura dell’architetto è completamente assente, così che la domanda più rilevante che i professionisti possono oggi porsi è: cosa può fare un architetto, in un contesto nel quale l’architettura non è ritenuta necessaria?
Il villaggio di Shijia si trova nella provincia settentrionale di Shaanxi, nelle prossimità della città di Xi’an. Il progetto è stato finanziato dal Luke Him Charitable Trust, con il supporto della Shaanxi Wome’ns Federetion e dell’Università di Hong Kong. Il nostro progetto, che si confronta con l’idea della tipica casa rurale per proporne un prototipo contemporaneo, è nato all’interno di un workshop sperimentale condotto con un gruppo di studenti dell’Università di Hong Kong.
Tutte le case del villaggio di Shijia sono originariamente costruite in blocchi di argilla e occupano un lotto di 10 metri per 30. Le case si trovano, continuamente, nel mezzo di un lungo processo di trasformazione, dato che i loro abitanti le modificano gradualmente, sovrapponendosi all’originale tipologia a patio e accostando nuovi volumi in laterizio e calcestruzzo agli elementi tradizionali. Se si escludono le dimensioni dei lotti, non si trovano, nel villaggio di Shijia, due case uguali.
Gli studenti del workshop si sono documentati e hanno intervistato diverse famiglie del villaggio, restituendo collettivamente un ritratto della moderna casa rurale cinese, di cui hanno rilevato non solo le diversità tipologiche ma anche le transizioni dei modi di vita.
Probabilmente, nessun aspetto di questo ritratto risulta tanto interessante quanto la nascita della figura dell’appaltatore del villaggio. Mentre infatti, da un lato, il passaggio dall’uso dei blocchi di argilla all’uso del calcestruzzo e del laterizio ha cambiato radicalmente le tecniche di costruzione, dall’altro, la maggior parte dei lavoratori ha abbandonato la campagna per trasferirsi in città, obbligando gli abitanti dei villaggi rurali ad assumere mano d’opera esterna invece di ricorrere all’auto-costruzione, e rendendo così la trasformazione fisica dei loro villaggi il sintomo di un più ampio slittamento da una situazione di autosufficienza a un sistema di dipendenza, che mina alla radice il concetto stesso di reddito rurale.
Nel contesto cinese il sistema del reddito rurale si esprime probabilmente al meglio nell’uso del patio domestico, luogo in cui si svolge gran parte della vita della famiglia: effettivamente, la maggior parte degli spazi aperti di un villaggio cinese si trova contenuta all’interno delle mura domestiche. Questo fatto genera una relazione intima, sia visuale sia funzionale, tra il patio e gli ambienti interni.
Il nostro progetto per una casa-prototipo assegna a quattro patii funzionali il ruolo di elementi primari dell’abitazione. I patii sono inseriti all’interno dell’edificio in modo da metterne in relazione gli ambienti principali: la cucina, il bagno, il salone e le camere da letto. In più, ogni patio è spazialmente unico: si potrebbe dunque dire che la casa è stata progettata attorno ai patii.
Una delle intenzioni principali della nostra casa-prototipo è quella di opporsi al fenomeno di progressivo aumento della dipendenza degli abitanti del villaggio dalle risorse esterne.
Il tetto abitabile mette a disposizione uno spazio in cui seccare gli almenti, dei gradoni per sedersi e, durante la stagione delle pioggie, un sistema per raccogliere e conservare l’acqua piovana, affinché possa essere utilizzata durante la secca stagione estiva.
La casa stessa diventa un esempio di autosufficienza. All’interno dei patii sono allevati dei maiali e un impianto sotterraneo di gas naturale produce l’energia necessaria per cucinare. I fumi della cucina sono inoltre canalizzati attraverso il tradizionale kang – o letto riscaldato – prima di uscire dalla canna fumaria.
La struttura della casa riunisce elementi costruttivi passati e presenti. Il sistema pilastri-copertura in calcestruzzo è combinato con i tamponamenti murari in blocchi di argilla – un sistema di isolamento tradizionale, adatto al clima continentale. A differenza delle strutture tradizionali in sola terra cruda, però, il nuovo sistema ibrido soddisfa anche i criteri dettati dalla normativa antisismica. L’intero muro esterno della casa è racchiuso da uno schermo di mattoni, che protegge i muri in terra cruda e offre un ombreggiamento costante a porte e finestre.
Grazie alla combinazione di idee vernacolari importate da altre regioni della Cina e di tecnologie tradizionali e nuove, il progetto si offre come prototipo per la moderna casa a patio cinese in argilla. Attualmente, il processo di sviluppo rurale stimola in maniera sempre più rilevante la distruzione e l’abbandono dei sistemi costruttivi tradizionali in favore di quelli nuovi. La casa sperimentale del villaggio di Shijia cerca dunque di creare un ponte tra i due estremi, al fine di preservare la cultura materiale e tecnica del luogo. Sia come sia, non si tratta di una casa a patio tradizionale, ma del risultato di una ricerca sul villaggio rurale moderno, che rappresenta il tentativo architettonico di far evolvere coscientemente l’architettura vernacolare cinese.
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