2012: spirito critico

massa critica | davide tommaso ferrando

L’anno scorso intitolai il primo post di gennaio “CRISIS”, utilizzando il termine nella sua doppia accezione di selezione e cambiamento, a significare una (da me sentita) necessaria e non più rimandabile evoluzione di zeroundicipiù.it: da paradossale versione regionale dei tanti ed acclamati portali di architettura presenti su web (europaconcorsi, dezeen, archdaily, plataforma arquitectura etc.), che per raggiungere una certa completezza informativa sono costretti a sospendere il giudizio su quanto pubblicato, a strumento critico di formazione ed informazione sull’architettura contemporanea, che utilizzi il caso piemontese come pretesto per svolgere riflessioni operative di più ampia portata.

Per questo motivo, rispetto ai due anni precedenti, nel 2011 su zeroundicipiù.it sono stati pubblicati meno progetti (solo trentotto, di cui nove in evidenza), affiancando alla progressiva costruzione del nostro database critico di architettura contemporanea piemontese, la pubblicazione di post indirizzati alla creazione, nel tempo, di una “massa critica” di discorsi sull’architettura, direttamente utilizzabili nel campo della progettazione. Tra questi, la rubrica [omissis] è senza dubbio l’esperimento che ritengo finora più interessante, perché si pone il difficile obiettivo di coniugare la necessaria velocità di consumo dei contenuti su web con l’altrettanto necessaria (ma troppo spesso sottovalutata) conoscenza degli enunciati che hanno scandito la storia del nostro pensiero architettonico.

Se l’obiettivo di [omissis] è quello di riportare l’attenzione sulle parole dell’architettura, non può comunque passare inosservata l’importanza del ruolo svolto dalle immagini all’interno del processo progettuale. Basterebbe infatti soffermarsi brevemente sul significato della parola “immaginazione” per rendersi conto del complesso legame che vincola il pensiero architettonico (ed il pensiero creativo in generale: argomento però troppo complesso per esser trattato in questa sede) alla metabolizzazione e rimessa in circolo di immagini precedentemente osservate: un processo che, se condotto coscientemente e criticamente, è in grado di strutturare la coerenza della progettazione e di garantirne il buon esito; ma che, quando avviene senza cognizione di causa, può risultare nefasto ai fini della qualità e del valore dell’opera architettonica.

Per questo motivo, nei prossimi giorni comincerà a prendere corpo, sulle pagine di questo sito, una nuova rubrica intitolata ATLAS (in onore del fondamentale Atlas Mnemosyne di Aby Warburg): un atlante ragionato di immagini per l’architettura, raccolte e catalogate per temi trasversali, il cui obiettivo sarà quello di costruire un ulteriore strumento critico finalizzato all’affinamento delle capacità di lettura, comprensione e (di conseguenza) produzione architettonica. Il progetto ATLAS si pone in continuità, ma anche come superamento, delle esperienze di alcuni interessanti siti web dedicati alle immagini e supportati dalla piattaforma Tumblr (Subtilitas, Archive of Affinities, Drawing Architecture), oltre che del bel progetto editoriale (esclusivamente su facebook) di Stefano Mirti intitolato “Blueberries”: a differenza di quest’ultimo, infatti, la ricerca iconografica operata da ATLAS  sarà esplicitamente indirizzata alla progettazione architettonica; a differenza dei primi tre progetti editoriali citati, invece, le immagini non saranno disperse bensì catalogate all’interno di tavole tematiche composte da più pagine, la cui consultazione permetterà un confronto simultaneo tra i documenti raccolti al loro interno, al fine di proporre una loro lettura non più denotativa – alla ricerca di messaggi – bensì connotativa – alla ricerca di montaggi -, dunque inscindibile dalla loro reciproca messa in relazione.

Parallelamente, il progetto ATLAS avrà l’obiettivo, attraverso la scelta delle immagini da pubblicare, di riportare l’attenzione del web-lettore sul valore del disegno (di architettura e non): sistema di rappresentazione fondamentale per la comprensione (e il conseguente riutilizzo) delle opere, ma ormai ufficialmente relegato dalla maggior parte dei media (web o cartacei che siano) ad un piano accessorio, scandalosamente scalzato dalle più spettacolari, ma meno intellegibili, immagini fotografiche (e, da un po’ di tempo, cinematografiche). Fotografie, render e video sono infatti strumenti essenziali alla presentazione dell’architettura contemporanea, ma del tutto insufficienti a renderne visibile, comprensibile ed infine giudicabile la complessità progettuale. L’effetto “pornografico” (come è stato più volte definito) delle gallerie di immagini fotografiche e degli slideshow dei portali web non deve dunque ingannare: l’architettura, per essere capita, deve essere letta, dissezionata, frammentata e ricomposta in rappresentazioni coerenti, controllabili e comprensibili, come sono appunto i disegni – piante, sezioni, prospetti, assonometrie, spaccati, croquis, vedute etc. – che da sempre ne accompagnano la produzione. Il mio consiglio, in questo senso, è di diffidare (o, semplicemente, di non accontentarsi) delle schede progetto che non presentano nemmeno un disegno, dato che il loro apporto alla strutturazione della cultura architettonica è praticamente nullo. Come recita un proverbio spagnolo: si no lo sabes dibujar, es que no lo entiendes.

Dunque anche quest’anno, ed ancor più dell’anno scorso, l’obiettivo di zeroundicipiù.it sarà quello di partecipare attivamente (laddove sarà possibile) al fondamentale processo di costruzione dello spirito critico con cui l’architettura dovrebbe essere osservata da chi ha intenzione di operare (teoricamente e/o praticamente) all’interno del suo campo disciplinare. La curiosa distinzione, attualmente proposta dal common sense che soggiace alla maggior parte delle pubblicazioni di settore, tra progettazione e critica è infatti un grosso malinteso: ogni progetto degno di esser chiamato tale è una critica, ed ogni critica degna di esser chiamata tale è un progetto. Se i discorsi della critica paiono inutili ed inaccessibili, o è perché lo sono veramente – in quel caso sono legittimamente tacciabili di “accademismo” -, o è perché non si è ancora in possesso degli strumenti conoscitivi atti a renderne possibile la comprensione. Si suppone che l’appropriazione di tali strumenti dovrebbe avvenire durante il percorso accademico, ma non credo di scrivere nulla di nuovo, se mi lamento della poca (per non dire nulla) preparazione teorica e critica con cui i professori delle università italiane sono soliti immettere i giovani architetti nel mercato del lavoro – con gli evidenti problemi che ne conseguono quando, ad esempio, ci si vuole confrontare con i colleghi internazionali nel contesto di concorsi-trampolino come ad esempio Europan (dominato, quest’anno, dagli spagnoli). Quanti studenti italiani hanno, o hanno avuto, le materie “teoria” e “critica dell’architettura” nel proprio piano di studi?

Ecco.

Ora, se non tutti devono certamente diventare dei critici, è tuttavia importante che tutti possano assumere un atteggiamento critico verso l’architettura: è infatti la messa in discussione dei miti e delle tradizioni, come scrive Popper, ciò che sta alla base di ogni progresso (scientifico o artistico che sia) – non certo la loro acritica, perché non compresa, prosecuzione. Ma c’è di più. Per essere dei bravi progettisti non è infatti necessario essere creativi – o almeno non nell’accezione soggettiva e romantica del termine, scorretta e datata – perché l’architettura, quella di valore, non è questione personale, misteriosa, inconoscibile e riservata ad un piccolo numero di menti privilegiate: è, prima di tutto, studio e conoscenza – parte di un lavoro collettivo che investe tutte le sfere del nostro sapere e che poco ha a che vedere con l’espressione tangibile del nostro mondo interno. Mettiamoci dunque il cuore in pace (oppure gioiamo), perché l’architettura non è una altrimenti indicibile rappresentazione di quanto siamo fighi: è una disciplina – in parte artistica, in parte scientifica, in parte tecnica, in parte…- che si può conoscere, studiare, sottoporre a critica e far progredire.

In questo contesto, l’obiettivo di zeroundicipiù.it è dunque quello di fornire, e far sedimentare, una serie di strumenti parziali ma accessibili per costruire visioni più consapevoli e coerenti di che cosa l’architettura sia, e di cosa potrebbe essere oggi. Un obiettivo che va ben oltre, ne sono consapevole, i mezzi a disposizione di questo sito, oltre che alle capacità di chi lo cura, ma la cui esplicitazione, mi auguro, possa se non altro rendere patente la necessità di un suo futuro rilancio, a scala più diffusa e a livello più istituzionale.

Buon anno (e Speruma’n bin!),

Davide Tommaso Ferrando

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