colore

[omissis] | davide tommaso ferrando

Lo spazio si percepisce attraverso il colore proiettato, che a sua volta lo definisce.

I colori primari “forti” – blu, giallo e rosso – appaiono spenti su di una superficie opaca poco illuminata, mentre il sottile arcobaleno che formano i raggi solari quando attraversano un prisma di ghiaccio su di una superficie bianca di neve può essere incredibilmente intenso. Questi fenomeni, che variano a seconda della luce disponibile e della sovrapposizione delle condizioni opposte di trasparenza e opacità, suggeriscono come un’analisi del colore svolta mediante la lunghezza d’onda o le categorie primarie e secondarie non solo sia inadeguata ma addirittura, secondo la percezione e l’esperienza, mistificante.

La tonalità tra giallo-arancione e marrone che prendono in autunno le foglie degli alberi nella parte alta del fiume Hudson può servirci per dimostrare il concetto di variabilità ed indeterminatezza del colore. Camminando lungo la riva del Hudson in un giorno nuvoloso notiamo come predomini il marrone pallido e l’acqua abbia un fondo leggermente grigio. Immaginiamo che il giorno seguente ci sia un sole splendente e che il cielo sia di un azzurro diafano, con una temperatura di 4°C. Se percorressimo la stessa riva del giorno prima, l’esperienza cromatica sarebbe totalmente differente.

[…]

La situazione, il clima e la cultura possono determinare l’uso e l’esperienza successiva del colore. Inoltre, non è difficile immaginare come differenti persone posseggano differenti idee cromatiche a seconda della qualità della luce e dell’aria dei luoghi in cui vivono. Per esempio, nelle strade della città di San Miguel de Allende, l’intensa luce messicana e l’onnipresenza della polvere contrastano con i gialli, arancioni, rossi e blu accesi delle facciate intonacate delle case. […] La intensa luce messicana produce una particolare perdita d’intensità, trasformando i rossi e blu saturi in una relazione naturale con gli umili materiali della muratura a secco. Una superficie blu cobalto in un paesino messicano produce dunque un effetto completamente diverso da quello, per esempio, di una superficie plastica dello stesso colore in un centro commerciale del Minnesota.

Nel nostro progetto per gli uffici D. E. Shaw (New York, 1991), abbiamo utilizzato il concetto di “colore proiettato” in analogia all’intangibilità delle operazioni telematiche finanziarie, parte fondamentale del lavoro dell’impresa. I colori slavati offrono esperienze delicate che variano a seconda della luce che penetra da dietro le pareti, e a seconda delle tinte proiettate dalle superfici nascoste. Lo spazio si percepisce attraverso il colore proiettato, che a sua volta lo definisce. Dato che tutti i colori si posano su superfici nascoste, piegate nella geometria degli spazi, si possono utilizzare colori accesi, come il giallo fluorescente e l’arancione. La saturazione dei colori proiettati varia con l’intensità della luce solare. Il movimento del sole anima i colori e trasforma il tempo-movimento in un flusso luminoso inatteso e brillante.

STEVEN HOLL, Phenomenal Zones, in Questions of Perceptions. Phenomenology of Architecture, William Stout Publishers/a+u Publishing, San Francisco/Tokyo, 2006.

Related Posts

Facebooktwittergoogle_pluspinteresttumblr


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

italian-theories

Related Posts

Facebooktwittergoogle_pluspinteresttumblr