funzionalismo

[omissis] | davide tommaso ferrando

In effetti, il funzionalismo, piuttosto che un’alternativa, è in realtà niente di più che una fase tardiva dell’Umanesimo.

Le varie teorie dell’architettura che si possono propriamente chiamare «umanistiche» sono caratterizzate da un’opposizione dialettica: un oscillare tra l’esigenza di trovare un aggiustamento interno (il programma e il modo in cui questo viene concretizzato) e l’esigenza di articolare dei temi ideali della forma (ad esempio, come è manifesto nel significato configurazionale della pianta). Queste esigenze erano considerate i due poli di un’unica continua esperienza.

Nella pratica preindustriale e umanistica, si poteva mantenere un equilibrio tra i due poli, perché sia il tipo che la funzione erano determinati dalla visione idealistica della relazione tra l’uomo e il suo mondo oggetto.

Con la nascita dell’industrializzazione, questo equilibrio sembra essersi rotto. Dato che si doveva necessariamente trovare un accordo con problemi di natura funzionale più complessa, sopratutto per quanto riguarda l’abitazione del cliente-massa, l’architettura divenne sempre più un’arte sociale o programmatica. E mentre le funzioni diventavano più complesse, andò scemando la capacità di manifestare la pura «forma-tipo».

Così nel XIX e nel XX secolo, man mano che il programma aumentava in complessità, la forma-tipo perse importanza come elemento realizzabile, e l’equilibrio, ritenuto essere fondamentale per tutta la teoria, risultò indebolito.

Lo spostamento di equilibrio ha provocato una situazione in cui, negli ultimi cinquant’anni, gli architetti consideravano il progetto come un prodotto di una qualche formula estremamente semplificata del form follows function. Questa situazione continuò anche dopo la seconda guerra mondiale, quando ci si poteva invece aspettare un cambio radicale. E ancora alla fine degli anni Sessanta si pensava che le polemiche e le teorie del Movimento Moderno potessero reggere l’architettura.

Non solo il funzionalismo può veni riconosciuto come una specie di positivismo, ma, come positivismo, lo si può vedere ora come originato dai temi di una visione idealistica della realtà.

Perché il funzionalismo, non importa quali fossero le sue pretese, continuò l’ambizione idealistica di creare un’architettura che fosse generatrice di forme eticamente costituite.

In effetti, il funzionalismo, piuttosto che un’alternativa, è in realtà niente di più che una fase tardiva dell’Umanesimo. E in questo senso non si può continuare a ritenerlo una manifestazione diretta di ciò che è stato definito la «sensibilità moderna».

PETER EISENMAN, Post-Functionalism, in «Oppositions», n. 5, 1976, pp. 1-2.

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