[omissis]

massa critica | davide tommaso ferrando giovanni benedetti

Sono convinto che scrivere prosa non dovrebbe essere diverso dallo scrivere poesia; in entrambi i casi è ricerca di un’espressione necessaria, unica, densa, concisa, memorabile.

Italo Calvino, Lezioni Americane

Criticità della critica su web

Delle sei proposte formulate da Italo Calvino per il nostro millennio, quella della rapidità sembrerebbe oggi incorporare, meglio delle altre, molte delle problematiche e contraddizioni che caratterizzano il dibattito sui temi della comunicazione e soprattutto della critica dell’architettura contemporanea. Temi più che mai attuali, dato che proprio pochi giorni fa si è concluso il terzo ed ultimo degli appuntamenti organizzati da DOMUS e raccolti sotto il titolo di CRITICAL FUTURES che, tra Londra, Milano e New York, si sono posti l’obiettivo di indagare, attraverso lo strumento della tavola rotonda, lo stato di salute della critica di architettura nell’epoca della moltiplicazione dei blog di settore e dell’utilizzo di facebook, youtube e twitter come canali paralleli, ma non secondari, di comunicazione: la diagnosi però, ora che si è conclusa la kermesse, appare ancora incerta.

I sistemi di comunicazione messi a disposizione dalla rete si presentano oggi come un farmakon, che se da un lato permette una diffusione capillare di contenuti fino a pochi anni fa esclusi dal mondo dell’editoria ufficiale, dall’altro li costringe ad adattarsi ad una serie di regole editoriali che all’atto della loro pubblicazione ne diluiscono, per non dire dissolvono, tanto il significato quanto la significatività. Queste regole sono dovute, da un lato, a caratteristiche intrinseche al mezzo di comunicazione on-line e, dall’altro, a dinamiche che affondano le proprie radici in quel progressivo annullamento della distinzione tra autore e pubblico che già Walter Benjamin osservò e descrisse ne L’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica.

Al primo dei due casi vanno ricondotte tutte quelle strategie che consentono al blogger di mantenere un registro leggero e conciso per evitare che il lettore abbandoni prematuramente i suoi post: una scrittura efficace, in questo senso, tende a risparmiare sui contenuti verbali (che, comunque, raramente vengono letti nella loro integrità) per concentrarsi invece su quelli iconografici, la cui assimilazione, come è noto, richiede  meno tempo ed impegno (si calcola che la soglia media di attenzione sul web sia di circa tre minuti consecutivi). Parallelamente, gli strumenti di commento dei post, così come i “like” e “dislike” di facebook e youtube, trasformano ogni internauta in un critico potenziale, elevando così, contro ogni regola del buon senso, l’opinione (doxa) allo statuto della conoscenza (epistéme): come effetto di questo livellamento semantico, la critica di architettura si è sempre più spesso ridotta ad un esercizio di scrittura creativa di pareri ed esperienze personali, spogliando così i giudizi in essa formulati di qualsiasi funzione conoscitiva e proiettiva. Leggere un bel testo è sicuramente piacevole ma, ahimè, non basta.

Critica 2.0

La critica su web si trova dunque oggi “incastrata” tra un mezzo di comunicazione che le chiede di esser “svelta” e un pubblico distratto che le chiede di essere entertaining. Dato però che l’obiettivo della critica architettonica – quella vera – non consiste nell’essere né l’una né l’altra cosa, bensì nel formare, utilizzare e condividere strumenti in grado di far conoscere, giudicare ed infine costruire l’architettura del nostro tempo, la tentazione di pensare che sul web non ci sia spazio per la critica, ovvero che nell’era dell’informazione digitale la critica non abbia un futuro, si fa inevitabilmente strada. Ma – per fortuna – solo per un momento. Perché quella in cui ci troviamo, in realtà, altro non è che una situazione di impasse dovuta ad un mancato aggiornamento della critica – contenuto – allo spazio che i nuovi mezzi di comunicazione le stanno aprendo – contenitore. Situazione che Elisa Poli in un recente articolo ha saputo delineare con precisione e profondità, ma che non è più sufficiente analizzare: bisogna cominciare ad affrontarla.

Abbiamo così deciso di “prendere il blog per le corna”: di accettare cioè i “codici di comportamento” imposti dall’editoria online per fare di essi i “pilastri” sui quali costruire un nuovo progetto culturale capace, nelle nostre intenzioni, di confrontarsi con una diffusa criticità della cultura architettonica contemporanea: la superficialità. Abbiamo infatti deciso di riportare l’attenzione sul discorso – nel senso foucaultiano del termine – dell’architettura, convinti che senza la conoscenza delle parole che descrivono le sue molteplici dimensioni non sia possibile giungere alla comprensione della «verità» di un’opera: condizione epistemologica e proiettiva che negli ultimi anni si è vista scalzare dalla sterile esperienza «pornografica» dello slideshow. E abbiamo deciso di farlo condividendo gradualmente, attraverso il metodo della citazione, tutti quegli «enunciati» che, a nostro parere, si presentano come riferimenti teorici fondativi di qualsiasi atto progettuale, perché descrittivi della costellazione di idee in cui la riflessione sull’architettura, intesa nella sua dimensione poetica (da poiéo – costruire), contestuale e metalinguistica, ha preso forma fino ad oggi.

[omissis]: istruzioni per l’uso

Cominceremo quindi a costruire da oggi su ZEROUNDICIPIU’.it, e vi invitiamo fin da subito a prendere parte a questo progetto insieme a noi, un dizionario antologico a crescita illimitata: un “atlante frammentario” di parole-chiave, che possa offrire uno strumento pubblico, gratuito ed aperto, per comprendere più a fondo il significato delle parole che compongono oggi il discorso dell’architettura, per poterle cioè utilizzare, tanto nella teoria come nella pratica, conoscendone peso e precedenti. Un semplice e svelto stratagemma per dotarci di un bagaglio comune di idee sulle quali potersi confrontare: un pensiero condiviso sulle parole-chiave dell’architettura a partire dal quale, questa è la nostra scommessa, future azioni progettuali potranno instaurarsi con maggior consapevolezza e proprietà.

Il dizionario sarà composto da un numero via via crescente di lemmi riferiti a temi di interesse progettuale; ogni lemma sarà a sua volta composto da un numero via via crescente di voci, ciascuna delle quali consisterà in una citazione della lunghezza massima di 3600 caratteri (due cartelle – per rispondere concretamente alla richiesta di rapidità della comunicazione su web). Da ogni citazione si estrarrà inoltre un enunciato “principale” della lunghezza massima di 130 caratteri, che offrirà un primo, rapidissimo, livello di avvicinamento al tema selezionato (per chi proprio non ha tempo da perdere): questa frase sarà riportata in capo alla citazione completa e, parallelamente, pubblicata sulle nostre bacheche di facebook e twitter (critica su twitter… si può fare?). Laddove necessario, la citazione potrà essere accompagnata da una o più illustrazioni di cui saranno specificati il contenuto e l’origine. A completamento della voce, infine, si riporterà il riferimento bibliografico esatto del testo dal quale la citazione è stata tratta: siamo infatti convinti che, pur sentendo la necessità di esplorare nuovi strumenti di comunicazione dell’architettura per liberarla dalla palude epistemologica nella quale oggi si trova invischiata, nulla potrà mai sostituire l’utilità ed il piacere della lenta e ponderata lettura di un libro, un saggio o un articolo.

Ed è proprio in onore a tutte le parole che non scriveremo, “nascoste” tra le pagine dei testi dai quali estrarremo le citazioni che comporranno il dizionario antologico, che abbiamo deciso di intitolare “[omissis]” questo nostro progetto il cui valore, ne siamo certi, sarà tanto maggiore quanto maggiore sarà la sua capacità di suscitare curiosità ed interesse nei lettori, spingendoli a slanciarsi al di là dei già citati “tre minuti di concentrazione” e ad avventurarsi nella lettura dei testi che, così sinteticamente, verranno qui proposti.

Davide Tommaso Ferrando, Giovanni Benedetti

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