© Beppe Giardino
Una nota Agenzia Web trasferisce la propria sede in un edificio apparentemente molto convenzionale, fuori dal centro di Torino. Bandisce una gara fra studi di architettura, chiedendo un progetto in grado di rinforzare l’identità del suo impalpabile lavoro, senza ricorrere a prevedibili immaginari cyberpunk o, peggio, high-tech. MARC si aggiudica l’incarico con questa risposta: l’architettura che ci vuole è… il restauro.
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L’allusione all’immateriale attività di Domino è ottenuta letteralmente: il materiale di tutti gli spessi strati murari che, con gli anni, avevano coperto l’interno dell’edificio viene via via sottratto, fino a scoprire una bella struttura d’inizio XX secolo.
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Vengono alla luce, a tutti i piani, non solo le pareti in mattoni della struttura originaria, ma anche travi in cemento armato, nicchie e soffitti, nascosti per decenni.
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Il restauro è radicale: le sottrazioni si spingono fino alla demolizione dell’intero solaio del piano terra, che viene sostituito da un quasi impalpabile foglio in lamiera microforata, spesso soltanto 6 mm.
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In questo modo si annulla la separazione fra il piano di ingresso e il piano interrato, che da buio e umido magazzino diventa un’ampia e luminosa sala relax.
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Sulla copertura del vano ascensore viene realizzato un nuovo terrazzo/sala riunioni all’aperto.
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Fantastico, di una squisita poesia
Delicatissimo