Museo di Arte Orientale

© Mattia Boero

La complessità del progetto, un palazzo nobiliare del XVII secolo (Palazzo Mazzonis) da trasformare in Museo di Arte Orientale, ha richiesto studi approfonditi a livello architettonico e strutturale, oltre che da un punto di vista museografico. Al fine di mettere in evidenza le collezioni (arte islmaica, arte tibetana, arte giapponese, arte cinese e arte indiana) il percorso museografico si divide in cinque settori ed il vecchio ingresso del palazzo si trasforma in elemento generatore di tutti i percorsi del museo. La pavimentazione in legno della galleria porta ad un nuovo spazio interno contenente un giardino giapponese. Un padiglione visibile permette al visitatore curioso di “gettare” un colpo d’occhio al contenuto prima di entrare nel museo.

© Mattia Boero

Il progetto allestitivo

I criteri che hanno indirizzato la progettazione del MAO hanno teso a realizzare un corretto percorso museografico, adattandolo alla distribuzione interna non sempre favorevole.

© Mattia Boero

Dal portone di accesso in via S. Domenico il visitatore ha la percezione dell’atrio e della corte interna; l’androne è stato trasformato in atrio di accoglienza, anticipando l’ingresso al grande volume vetrato realizzato sul selciato ottocentesco della corte interna, che ospita i giardini giapponesi di sabbia e di muschio. Da qui inizia la visita delle sale contenenti le collezioni, suddivise in cinque sezioni fondamentali – l’Asia Meridionale, la Cina, il Giappone,  la Regione Himalayana e i Paesi Islamici. Le cinque sezioni dedicate dunque ad aree geografiche e a tradizioni artistico-culturali differenti, sono state volutamente caratterizzate attraverso scelte formali diversificate che assicurano forte individualità a ciascuna galleria.

© Mattia Boero

La prima sezione museografica riservata all’Asia Meridionale si sviluppa nella manica ovest con un continuo affaccio sulla cortina di bambù che circonda il volume vetrato. La tipologia delle soluzioni espositive include pareti sagomate rivestite in legno di teak e acciaio che, ridisegnando lo spazio ostensivo, creano alloggiamenti incassati nelle pareti, atti a ospitare i rilievi e le sculture di piccole dimensioni. Basi in acciaio collocate a terra sono destinate alle grandi sculture in pietra e calcare dell’arte gandharica e indiana, mentre teche in vetro, con disegno e dimensioni differenziate, ospitano le opere che esigono un’adeguata protezione.

© Mattia Boero

Lo scalone d’onore, complementare all’ascensore, consente il passaggio alla Galleria Cinese, posta al primo piano dell’edificio. Le dimensioni ridotte delle opere cinesi, unitamente alle esigenze conservative, hanno vincolato la scelta degli arredi espositivi, rappresentati per la quasi totalità da teche vetrate atte alla presentazione degli oltre trecento pezzi esposti della collezione, costituita da terrecotte, ceramiche, bronzi e legni.

© Guido Fino

L’ala del primo piano, con affaccio su via Sant’Agostino, ospita la prima sezione della Galleria Giapponese, suddivisa su due livelli. Il primo livello è destinato alle sculture e ai grandi paraventi dipinti ed è caratterizzato da ampie vetrine addossate alle pareti e da strutture verticali in rete metallica chiamate a incorniciare e valorizzare le preziose sculture lignee dorate e laccate. Il secondo livello accoglie dipinti, lacche, ventagli e tessuti. Qui una lunga parete sagomata in legno, situata nel corridoio di collegamento tra le sale, costituisce la struttura portante per le vetrine destinate alle stampe e ai libri giapponesi.

© Guido Fino

La Galleria Himalayana, al terzo piano dell’edificio propone – accanto alle vetrine verticali per l’ostensione dei preziosi dipinti tibetani (thang-ka) e alle belle strutture cilindriche vetrate, per le grandi sculture in bronzo – una teca centrale con pianta a croce per i bronzi di piccole dimensioni e teche espositive sospese e sorrette da una struttura metallica per l’esposizione della preziosa collezione di copertine lignee e manoscritti. Grafica museale e didattica evocano in questo caso degli ambienti dei monasteri himalayani.

© Guido Fino

Il percorso museale si conclude al quarto piano con la galleria destinata ad accogliere l’arte dei Paesi Islamici. Le capriate lignee presenti in questo livello hanno condizionato le scelte dell’allestimento museale, risolto pensando ad uno spazio artificiale che celando la struttura dell’edificio crea un lungo e ampio corridoio centrale, fiancheggiato dalle teche espositive.  L’allestimento si apre con la sezione dedicata ai preziosi velluti ottomani, posizionati all’interno di due teche verticali affrontate e lievemente convergenti, quasi a formare una sorta di imbuto.

© Guido Fino

Lo spazio torna poi a dilatarsi, aprendosi su un corridoio fiancheggiato da due lunghe vetrine orizzontali che ospitano la collezione di ceramiche e bronzi. All’estremità opposta all’ingresso si colloca una piccola sala destinata ad ospitare, all’interno di teche climatizzate, ipreziosi manoscritti persiani, le calligrafie e i volumi del Corano. L’intero percorso espositivo è completato e arricchito da pannelli didascalici, decorazioni murali e monitor interattivi.

Gallery

Credits

  • progetto > Andrea Bruno
  • localizzazione > via San Domenico 11, Torino
  • tipologia > edificio per esposizioni
  • superficie > 3600 mq
  • cronologia > 2002 – 2008
  • committente > Comune di Torino
  • costo > 8.000.000,00 €
  • crediti fotografici > Mattia Boero, Guido Fino

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